In quel periodo Josef Innerhofer aveva appena realizzato nei pressi di Merano un suo progetto alberghiero, e quindi aveva voglia di dedicarsi a qualche nuova impresa. A Berlino aveva immediatamente intuito il grande potenziale che il cubo di Aisslinger poteva rappresentare soprattutto per l’ambiente rurale con la sua grande disponibilità di ampie aree libere. Ma Innerhofer aveva altresì capito da subito che per fare accettare una simile idea in un ambiente caratterizzato da paesaggi alpini, si sarebbe dovuto rinunciare a qualche aspetto troppo tecnoide e ricorrere all’impiego di materiali più autoctoni. Inoltre, l’impatto invasivo sull’ambiente naturale doveva limitarsi al minimo possibile, l’occupazione dell’area doveva essere soltanto temporanea e la costruzione stessa doveva risultare interamente riciclabile dopo la sua rimozione. Alla pari, per così dire, di un Ufo che atterra e che riparte dopo aver compuito la propria missione.
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